Fondazione MAST Presenta la VII edizione di FOTO/INDUSTRIA
Bologna, 7 novembre – 14 dicembre 2025
La Biennale di fotografia dell’industria e del lavoro è dedicata al tema della casa e si tiene dal 7 novembre al 14 dicembre con la direzione artistica di Francesco Zanot: sono dieci le mostre allestite in sette sedi del centro storico di Bologna. In contemporanea, nelle Galleries del MAST apre l’esibizione monografica dell’artista canadese Jeff Wall, curata da Urs Stahel: una selezione di rappresentazioni potenti e vive della vita post-moderna, della società tardo capitalista, tra light box e bianco e nero di grande formato, in mostra fino all’8 marzo 2026.
HOME, la casa, è il tema del percorso fotografico della VII edizione della Biennale ed è declinato in dieci mostre allestite in sette sedi del centro storico di Bologna e l’undicesima mostra al MAST Living Working Surviving di Jeff Wall. HOME costituisce un nuovo capitolo dell’indagine della biennale FOTO/INDUSTRIA sul rapporto tra fotografia, industria, lavoro e tecnologia in cui opere e visitatori, oltre a occupare e condividere degli spazi, sono chiamati ad abitarli. “La casa è una struttura fisica, la cui costruzione costituisce di per sé una grande sfida industriale, ma è anche simbolo di appartenenza, protezione e identità, spiega il direttore artistico Francesco Zanot. È lo spazio della memoria e della trasformazione, la cui evoluzione scaturisce dalle condizioni, dalle esigenze, dalle abitudini e dai desideri di chi la abita. È un oggetto che si modifica seguendo l’avanzamento tecnologico, dentro e fuori (case più efficienti dal punto di vista energetico, più sicure, più ricche di sistemi di assistenza e automatizzazione), così come un vero e proprio manufatto culturale. Esplorare il concetto della casa offre nuove prospettive e strumenti per comprenderne la complessità e la sua dimensione contemporanea”.
I fotografi e gli artisti hanno da sempre lavorato sul tema della casa, analizzando i legami con l’architettura (dalle abitazioni tradizionali alle megalopoli contemporanee), la psicologia (la casa come rifugio o prigione), l’economia (dai distretti di lusso ai villaggi operai, dalla speculazione immobiliare alle crisi abitative, alla casa come luogo di lavoro), la politica (spazi condivisi o espropriati, dal welfare ai flussi migratori), sino ai cambiamenti climatici che impongono nuovi sforzi progettuali.
Le mostre di FOTO/INDUSTRIA 2025 – tutte ad ingresso gratuito – costituiscono una cronologia per immagini sul tema della casa a partire dagli inizi del Novecento fino ai giorni nostri e offrono l’occasione di osservare e approfondire la ricerca di una selezione di artisti internazionali (tra cui giovani emergenti e protagonisti della scena mondiale) attraverso undici esposizioni che ripercorrono oltre un secolo ed esplorano ogni angolo del mondo
LE MOSTRE IN PROGRAMMA PRESSO IL COLLEGIO VENTUROLI:
My Dream House is not a House di Julia Gaisbacher (Austria, 1983) è dedicato al complesso residenziale Gerlitzgründe di Graz, uno dei primi esperimenti di edilizia sociale partecipata in Austria,realizzato dall’architetto Eilfried Huth negli anni Settanta. In quel contesto pionieristico, Huth introdusse un metodo radicale secondo cui il processo di progettazione architettonica doveva svolgersi fianco a fianco con i futuri residenti, innescando un rapporto di collaborazione basato sull’uguaglianza e sull’ascolto reciproco e diventando un laboratorio non solo di nuove architetture, ma anche di comunità. Attraverso una serie fotografica, un film documentario, una selezione di immagini d’epoca fornite dagli stessi abitanti e un modello architettonico originale, questa mostra compone un mosaico complesso che restituisce la dimensione stratificata del progetto originario.
La serie Popihuise di Vuyo Mabheka (Sudafrica, 1999), si colloca in uno spazio intermedio tra documento e finzione, passato e presente, autobiografia e narrazione collettiva. Il titolo rimanda a un gioco diffuso nelle township sudafricane, ‘popihuis’, versione a buon mercato della casa delle bambole in cui i bambini riproducono ambienti domestici con materiali di fortuna, dando vita a microcosmi alternativi. In questo lavoro il tema della casa non appare solo nel suo significato materiale, ma come costruzione affettiva e simbolica. L’artista reinventa i suoi primi anni di vita: ritaglia le proprie foto d’infanzia, elimina il contesto e le integra in scenari colorati e suggestivi.
Södrakull Frösakull di Mikael Olsson (Svezia, 1969) è un’indagine svolta tra il 2000 e il 2006 su due case emblematiche dell’architetto e designer modernista Bruno Mathsson, costruite rispettivamente negli anni Cinquanta e Sessanta a Värnamo, nella Svezia meridionale. I due edifici sono non soltanto abitazioni, ma dichiarazioni programmatiche, esperimenti radicali sul rapporto tra individuo e ambiente, tra spazio domestico e paesaggio naturale. Il lavoro di Olsson non aderisce ai codici della fotografia di architettura – basata sulla chiarezza, sulla neutralità dello sguardo, sull’accurata riproduzione delle forme – bensì trasforma i soggetti in presenze vitali, enigmatiche, perturbanti. Delle due case non emerge soltanto la perfezione geometrica, la purezza del disegno, ma anche la fragilità, il modo in cui accolgono e mostrano il passare del tempo, si deteriorano, custodendo stratificazioni e memorie.
INGRESSO GRATUITO:
Dal 7 novembre al 14 dicembre 2025
ORARI: martedì - domenica, dalle 10.00 alle 19.00
Fondazione Collegio Venturoli.
Via Centotrecento, 4.
Bologna
Palazzo Bentivoglio | Prut di Matei Bejenaru (Romania, 1966) è un progetto avviato nel 2011 e tuttora in corso, che ha come soggetto i villaggi situati sulle due sponde del fiume Prut, che dal 2007 – anno dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea – costituisce un confine naturale della nuova Europa politica. Le immagini di questi luoghi marginali ci mettono in contatto con un mondo rurale radicato nel passato ma allo stesso tempo esposto ai mutamenti del presente. Osservando la vita quotidiana lungo il fiume, che per lui è casa, l’artista racconta la grande storia: le dinamiche politiche degli ultimi cinquant’anni, i cicli economici, i cambiamenti ecologici.
Palazzo Vizzani | A Small Guide to Homeownership di Alejandro Cartagena (Messico, 1977) è il frutto di una ricerca durata tredici anni sul fenomeno della suburbanizzazione che negli ultimi vent’anni ha trasformato radicalmente la città messicana di Monterrey. In quattro sezioni tematiche dedicate ai nuovi quartieri, ailoro abitanti, alle ripercussioni ambientali e al sistema dei trasporti, l’artista propone un percorso paradossale che, fingendo di guidare all’acquisto di una casa, mette in discussione la retorica della proprietà immobiliare come garanzia di benessere e stabilità e ne smaschera le contraddizioni: un paesaggio frammentato, con quartieri periferici lontani, isolati e in conflitto con l’ambiente circostante, una crescita urbana fondata più sul profitto che sul benessere collettivo.
Sottospazio - Palazzo Bentivoglio Lab | Looking for Palestine di Forensic Architecture (collettivo, Gran Bretagna) è un centro studi nato all’interno della Goldsmiths University di Londra, che utilizza strumenti architettonici e tecnologici per investigare violazioni dei diritti umani e crimini di stato. Il termine “archiettura forense” si riferisce alla produzione di evidenze spaziali in contesti legali, politici e culturali, e all’utilizzo dell’architettura come dispositivo per indagare su conflitti armati e distruzione ambientale. Oggi, il gruppo fornisce prove cruciali per i tribunali internazionali e lavora con una vasta gamma di gruppi di attivisti, ONG, Amnesty International e l’ONU. Nel progetto presentato a Foto/Industria ricostruisce la distruzione di alcuni villaggi palestinesi dal 1948 attraverso documentari, mappe, foto d’epoca, modelli virtuali e infografiche.
MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna del Settore Musei Civici del Comune di Bologna | Quarta casa è la prima retrospettiva dedicata a Moira Ricci (Italia, 1977), con un’ampia selezione di lavori realizzati nell’arco di circa venticinque anni. La mostra mette in luce la coerenza e la profondità della sua ricerca attraverso il filtro di un tema ricorrente e fondamentale: la casa, che costituisce la cornice entro cui si attivano una serie di relazioni, un grande contenitore di memorie e il fulcro di un territorio, la Maremma, dove si intrecciano sfera privata e vita collettiva. Pioniera in Italia nell’impiego di materiali d’archivio e nella ricontestualizzazione della fotografia familiare, Ricci ha condotto un lavoro sistematico di analisi e revisione delle funzioni sociali di questo mezzo. La sua opera si configura come una riflessione critica su vasti argomenti come l’identità, la cultura popolare, la memoria individuale e collettiva e le strategie per la loro conservazione e rappresentazione. La mostra continua fino al 11.01.2026.
Pinacoteca Nazionale di Bologna | Some Homes di Ursula Schulz-Dornburg (Germania, 1938) presenta sei serie realizzate tra gli anni Sessanta e i primi anni Duemila in Olanda, Georgia, Russia, Turchia, Iraq e Indonesia, nelle quali l’artista documenta abitazioni costruite con materiali naturali destinate a dissolversi nel corso di pochi anni, così come installazioni pensate per resistere nei secoli unendo lo stile documentario a influenze concettuali e istanze sociali. Alcune di queste strutture sono frutto di una progettualità architettonica definita, altre di tradizioni millenarie radicate in un contesto ambientale specifico, altre ancora di un impulso spontaneo e infantile. Eppure, ciò che le accomuna è la loro capacità di rispondere allo stesso tempo sia a delle necessità pratiche (proteggersi, riposarsi, conservare i propri beni...), sia a ragioni culturali (autorappresentarsi, comprovare l’appartenenza a un gruppo, comunicare il proprio status sociale...), sempre nei limiti del rapporto con le risorse e le condizioni del territorio circostante.
Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna | Microcosmo Sinigo di Sisto Sisti (Italia, 1906-1981) ritrae lo stabilimento chimico e il villaggio aziendale della Montecatini a Sinigo (Merano), costruiti nel 1924-1928 L’autore, operaio e fotografo autodidatta di origini emiliane emigrato in Alto Adige, racconta non solo il lavoro, ma anche la vita delle famiglie residenti tra il 1935 e il 1950. Sono numerosissimi momenti privati e vedute del borgo, concepito quasi come una dimora collettiva. Un microcosmo, appunto, con spazi comuni, orti condivisi, bar, cinema, spaccio, scuola e ambulatorio medico. In mostra, oltre seicento immagini, selezionate tra le oltre tredicimila conservate nella Fototeca archivio provinciale di Bolzano, sono proiettate in cinque postazioni tematiche. Una sala ospita l’approfondimento sull’autore, affidato a una intervista filmata alle figlie, a materiali originali e riproduzioni stampate.
Spazio Carbonesi | Kelly O’Brien (Gran Bretagna, 1985) esplora il lavoro domestico intrecciando storie della sua famiglia alle questioni di classe, genere e occupazione e reclamando la visibilità delle donne lavoratrici e delle loro lotte. Nelle sue opere la narrazione oscilla tra le tensioni dei carichi domestici, zona d’ombra in cui persistono le disparità di genere, e il paradosso della casa come santuario. No Rest for the Wicked celebra infatti la casa per rivelare il lavoro invisibile che vi sta dietro. Il progetto mette in luce l’esperienza delle donne il cui lavoro, sia dentro che fuori casa, spesso non viene riconosciuto.
Il tema della casa sarà oggetto di un ampio programma di talk, proiezioni, presentazioni e workshop per il pubblico, oltre che di una serie di attività educative rivolte alle scuole e alle famiglie al MAST e nelle sedi del centro storico, a ingresso gratuito su prenotazione.
Il programma su: mast.org
Si ringraziano
le sedi: Pinacoteca Nazionale di Bologna, MAMbo – Museo d’arte Moderna di Bologna del Settore Musei Civici del Comune di Bologna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – Palazzo Paltroni, Palazzo Bentivoglio, Sottospazio - Palazzo Bentivoglio Lab, Alchemilla – Palazzo Vizzani, Fondazione Collegio Venturoli, LGS SportLab - Spazio Carbonesi
i co-curatori: Lorenzo Balbi, Raquel Villar Pérez, Stefano Riba, Alessandro Campaner e Shourideh Molavi
i prestatori: Archivio Provinciale - Bolzano, Museo di fotografia contemporanea - Cinisello Balsamo (MI), Galleria Laveronica – Modica (RG), Deutsche Bank Collection - Milano, Fondazione Ratti - Como, Museo delle Civiltà - Roma, Galerie Nordenhake - Berlino/Stoccolma, Afronova Gallery - Johannesburg, Anca Poterasu Gallery - Bucarest, Forensic Architecture - Londra, Architekturzentrum Wien - Vienna
Francesco Librizzi studio di Milano che ha curato tutti gli allestimenti nelle sedi del centro storico
l’Accademia di Belle Arti di Bologna per la consueta collaborazione nel servizio di mediazione culturale
Elizabeth Breiner, Emilie Demon, Leo Goxhuli per il prezioso aiuto.
Fondazione MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) è un’istituzione no profit nata a Bologna nel 2013 per sostenere una crescita economica, sociale e culturale condivisa. Il MAST è un centro culturale di livello internazionale che ospita avanzati servizi di welfare per le persone che operano nel gruppo industriale Coesia e propone alla comunità attività culturali gratuite incentrate sulle arti e sulla fotografia dell’industria e del Lavoro.
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